Primo maggio a Cerignola
Reportage di Uliano Lucas
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Nel maggio 1981 ero in Puglia per uno di quei periodici ritorni in una terra che ho frequentato lungamente nei decenni. L’amica Maruzza Capaldi, infaticabile promotrice di iniziative culturali a Bari e non solo, mi racconta della Festa dei lavoratori di Cerignola, e io mi ritrovo con lei, il giornalista Edgardo Pellegrini e il fotografo Gianni Capaldi, ad assistere a questa esuberante festa popolare nel paese natale di Giuseppe Di Vittorio.
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Arriviamo presto, la mattina, in tempo per girare le viuzze del centro storico e vedere gli anziani del paese che portano sulla strada davanti all’uscio delle case le sedie di paglia o si radunano in crocchi per assistere all’avvenimento. Poi, da lontano, il rumore dei trattori e delle motorette e il vociare dei manifestanti annuncia l’arrivo del corteo, aperto da un automezzo che trascina un carro straripante di giovani che intonano canti politici e inneggiano a Di Vittorio e alla Cgil.
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L’incedere dei lavoratori del “Quarto Stato” è qui una processione di trattori, cavalli, motocicli, addobbati con bandiere rosse, coccarde e fiori, e dall’onnipresente ritratto di Di Vittorio, quello realizzato da Ando Gilardi, ormai diventato un’icona.
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È una gioiosa festa autogestita, che si consuma sotto il sole cocente, quella che ci sfila davanti come un carnevale e poi va a spegnersi lentamente nelle vie che portano alla campagna, una festa che coinvolge in una forte coesione sociale l’intero paese: gli anziani contadini con il loro vestiti tradizionali e i giovani, coi i cappelli di paglia, i berretti da baseball e i jeans, che magari si spostano a Bari per studiare, ma rimangono profondamente radicati nella propria storia familiare contadina. E poi ci sono i bambini che partecipano felici alla sfilata, inebriati dall’entusiasmo collettivo.
Eppure solo pochi anni più tardi, la festa e il suo rituale sarebbero diventati un ricordo, di fronte a una trasformazione politica e sociale che cambiava profondamente l’identità del territorio.