Sessant’anni fa il primo numero di “Classe operaia”
Quando – lo scorso agosto – Mario Tronti novantenne ci ha lasciato, ho ricordato sul sito dei Territorialisti che sull’ultimo numero della rivista “classe operaia”, nel ’66, che stampammo a Firenze, c’era scritto numero ultimo. Non credo siano molte le rivista che dichiarano in modo così esplicito che una certa esperienza non è destinata a durare in eterno. In una recente intervista lo stesso Tronti ricordava che per molti compagni l’autonomia della classe dal movimento era ormai occasione di aperto conflitto con partito e sindacato. A questo punto Mario diceva: basta. L’esperimento dell’intervento politico nelle fabbriche, che per due anni avevamo praticato con alterne vicende andava ripensato. Avevamo riscoperto la fabbrica, avevamo acquisito anche una certa capacità di rileggere il territorio come il luogo delle lotte operaie, avevamo imparato anche a diffidare delle ideologie precostituite.
Una delle qualità era anche quella di saperci ridere sopra. A Mario non mancava certo l’ironia: basta pensare al divertimento con il quale accoglieva i disegni che Mario Mariotti preparava per la rivista. Un piccolo operaio da solo contro una moltitudine di padroni plaudenti, ma sul cartello dell’operaio c’è scritto abbasso…
Questo disegno di Mario Mariotti, pubblicato sul secondo numero di “classe operaia”, dedicato alle lotte operaie in Europa (febbraio 1964), esprime molto bene lo spirito che animava quella rivista. Mariotti era un artista fiorentino, comunista, che assisteva alle riunioni di redazione che si svolgevano mensilmente a Firenze, e poi interpretava a modo suo quello che ascoltava. Ma questo ha capito tutto! Esclamava Mario Tronti che ne apprezzava particolarmente l’ironia e la forza provocatoria. Le stesse qualità che ispiravano i testi – spesso frutto di lavoro collettivo – di quella ventina di numeri che uscirono fra il 1964 e il 1966. Le redazioni erano a Torino, a Milano, a Padova, a Firenze e a Roma. Ogni numero aveva un tema centrale, dal quale discendeva un ulteriore tassello di quello che era il concetto di fondo di tutto il lavoro politico che ruotava intorno alla rivista: la riscoperta delle lotte operaie e della loro circolazione più o meno nascosta nei complessi produttivi del dopoguerra, della loro autonomia in relazione dialettica con le istituzioni del movimento operaio.
Sul Manifesto di oggi, 29 febbraio 2024 si può trovare una riflessione di Sergio Fontegher Bologna su “Classe operaia”.